
Trascorso un periodo da contractor in Africa e congedato con disonore a causa della sua condotta, Vergy fa rientro in Italia, dove campa alla giornata svolgendo incarichi per tipi poco raccomandabili. Il ritrovamento di una chiavetta USB e l’opportunità di un generoso guadagno lo portano fino a Venezia, dove finirà suo malgrado invischiato nel sottobosco malavitoso della Laguna. Rapinato, umiliato e in cerca di vendetta, Vergy accetta l’aiuto di un signore del crimine locale, Dongo, ignorando però che questo segnerà la sua condanna a morte…

Dunque, come potrei iniziare questa recensione? Per esempio potrei dire che questa è una recensione di debutti: la prima che tratta un libro che fa del genere thriller il suo ingrediente preponderante, ma anche la prima che nella saga di Claudio Vergnani ha come protagonista assoluto Vergy.
Quella di prendere una spalla comica e promuoverla a protagonista di una storia è una manovra non priva di insidie, perché il compito della spalla è proprio quello del sostenitore. Questi personaggi in genere non evolvono, o se lo fanno i cambiamenti sono sempre sottili perché la conseguenza sarebbe quella di snaturarli; di punto in bianco si andrebbe a perdere uno dei punti di forza della storia originale ed è per questo che la strada del prequel è quasi sempre l’unica percorribile.
Se poi parliamo di Vergy, la faccenda si complica ancora di più, perché lui non è solo la spalla comica del protagonista, ma anche la mascotte dell’immaginario di Claudio Vergnani. Un uomo-carro-armato che snocciola bestemmie e citazioni di alta letteratura mentre ti prende a calci in culo fino ad appiattirti l’osso sacro, un antieroe che funziona e ci fa divertire perché le insidie che i due affrontano sono molto più infami della peggiore delle infamie che Vergy possa commettere. Vergy è alla stregua di un supereroe, in bilico tra l’uomo e il sovraumano per la sua forza e la resilienza fisica e mentale che dimostra nelle storie della saga.
Capite quindi che mettere Vergy come protagonista ci espone al rischio di avere a che fare con un “Gary Stu” (forma maschile di Mary Sue, ossia un personaggio tanto perfetto e stereotipato da essere inverosimile), un personaggio che non avrebbe mai appeal verso i lettori.
Quindi l’autore si è trovato a confrontarsi con due sfide per nulla facili: confezionare una storia su misura per Vergy e depotenziarlo quanto basta per giustificare un percorso di lotta-sconfitte-rivalsa. Ci è riuscito?
Diciamo che si poteva fare di meglio, ma è pur sempre Claudio Vergnani.
Per prima cosa voglio commentare la scelta della Terza Persona, che pare abbia seguito la logica per cui in assenza del Claudio Protagonista dei precedenti libri, si è optato per un narratore esterno, il quale offre una certa coerenza nell’insieme della saga, ma espone l’autore al rischio di una cattiva gestione del filtro del personaggio. Cosa che purtroppo si verifica spesso. A tratti viviamo sulla nostra pelle gli sforzi e la sofferenza di Vergy (e questo è un bene), ma i suoi pensieri interni vengono espressi solo dal narratore esterno (creando distanza) e non è raro che nel susseguirsi delle azioni di una scena si passi in maniera totalmente arbitraria dalle percezioni di Vergy a quelle di un altro personaggio (disorientando il lettore). Per essere chiari: questi errori possono essere evitati anche scegliendo di narrare in Terza Persona, ma richiede uno sforzo autoriale maggiore, che la Prima Persona per sua stessa natura non ha.
Il fatto che la storia sia ambientata dieci anni prima dei fatti di Grimjank ha dato spunto a Vergnani di presentarci un Vergy più debole e ingenuo, suscettibile agli errori e ostacolato da un difetto fatale ben utilizzato. Il vero problema sta nell’indole del personaggio, che non ha alcun tipo di freno e che se a volte ci regala dei siparietti comici davvero esilaranti, altre volte risulta stucchevole per non dire antipatico, facendoci pesare l’assenza di Claudio Protagonista che negli altri libri riequilibra la lettura.
Poco fa vi ho detto che è pur sempre un libro di Claudio Vergnani, e se alcune scelte infelici hanno portato agli errori che vi ho esposto, i punti di forza dell’autore sono ancora al loro posto: i personaggi sono sempre incredibili e stupendamente carismatici, sia che si tratti di ruoli di comparsa che di alleati del protagonista, ma con il villain in questo caso ci siamo superati. Grimjank e gli altri Maestri vampiri avevano una presenza scenica incredibile, ma la loro schiacciante superiorità non consentiva loro una presenza scenica costante (altrimenti avrebbero vinto e ora non staremo qui a parlare di una saga). Dongo invece, pur essendo “solo” un uomo, è però una presenza opprimente e asfissiante, che fino all’ultimo vi farà chiedere in quale modo potrà essere sconfitto. Claudio Vergnani in questo dimostra un’abilità d’inventiva degna di nota, capace di mettere il protagonista in situazioni sempre più disperate e trovare comunque la maniera di risolverle (anche se a volte ricorre a soluzioni narrative un po’ dubbie, che richiedono sospensione dell’incredulità per essere accettate).
Male molto male, invece, la trama che spinge Vergy a raggiungere Venezia, quella della chiavetta USB, che funge da pretesto forzatissimo per giustificare la sua presenza sul posto e che poteva benissimo essere tagliata dal romanzo (anche perché ci porta a delle scene completamente inutili per quello che è il succo della storia).
Insomma un libro non perfetto e forse anche insufficiente per gli standard del blog, ma che favorito dallo stile di Vergnani si lascia leggere con gran piacere e ci trascina nella corsa di Vergy, in fuga dai nemici, da sé stesso, dal suo passato, e diretto verso un futuro che ogni giorno diventa sempre più incerto.
LINK AL LIBRO: Per Ironia della Morte
LIBRI PRECEDENTI:
- 1. Grimjank
- 2. Il Giorno dei Morti
- 3. Il 36° Giusto
- 4. L’Ora più Buia
IDEE: Un villain incredibile e personaggi secondari fuori di testa, in linea con lo stile dell’autore. Soluzioni narrative varie e divertenti.

STILE: A tratti immersivo e focalizzato sul personaggio, altre volte distante o cambia addirittura il punto di vista da una frase all’altra. In certi momenti tende a essere molto prolisso. Il linguaggio sboccato di Vergy potrebbe dare fastidio o piacere a seconda dei gusti del lettore.

INTRECCIO: Arco narrativo un po’ sbilanciato e senza una reale evoluzione del personaggio, ma a dispetto di altri romanzi dell’autore ha una trama più consistente, anche se tende a divagare. La sottotrama della chiavetta USB invece è inutile.

VOTO SOGGETTIVO: Se dovessi consigliare un libro di Vergnani, non punterei a questo. L’assenza del partner storico Claudio si fa sentire.

Rispondi